15/01/2017 via dello Scalo 21, plenaria 11.00-18.00 (1 modulo)
Il lavoro sugli accordi di base ha introdotto una serie di titoli ragionati che nel laboratorio precedente sono stati condivisi tra i partecipanti. Si tratta di un elenco di proposte, nate da variegati bisogni personali e collettivi, di cui ci preoccuperemo di discutere per arrivare alla definizione di un carattere condiviso del progetto di cohousing.
Gli accordi proposti sono piuttosto vari, e passano da aspetti che coinvolgono più la sfera del comportamento dei partecipanti a quelli che riguardano le esigenze di tipo organizzativo del progetto. Immancabilmente i due aspetti (organizzazione e comportamento) vengono fuori come i due elementi maggiormente caratterizzanti un organismo complicato e sfaccettato come quello di un cohousing. I bisogni che stanno dietro alle proposte sono altrettanto naturali e logici e mettono in evidenza sia le affinità che le divergenze di approccio tra i futuri abitanti. Lo sforzo di onestà intellettuale, serietà e sincerità sarà quello di tralasciare per un attimo l’ambizione di guadagnare un alloggio accattivante ed economicamente conveniente per dedicarsi in modo convinto alla costruzione di un progetto che sia realmente condiviso e responsabile.
Partendo dall’elenco composto con le proposte di accordo dei singoli partecipanti, mossi dai diversi bisogni espressi, proviamo a costruire una mappa complessiva degli accordi, con la quale tenteremo di confrontarci con integrazioni, modifiche e scelte personali.
La raccolta sistematica delle proposte di accordo è diventata un elenco condiviso che è stato poi sviluppato graficamente attraverso una mappa. La mappa è stata utilizzata per evidenziare graficamente gli accordi che più di altri sono stati giudicati da ciascuno dei partecipanti come punti critici (punti rossi), per i quali sarebbe stato possibile porre una opposizione, un blocco o semplicemente sui quali tornare per discuterne ancora. E’ stato chiesto inoltre di integrare, ove necessario, la mappa originaria, con alternative, concetti aggiuntivi o chiarificatori degli accordi già proposti. Il risultato è di seguito riportato.
Le nuvole di pallini rossi hanno portato immediatamente l’attenzione su alcuni temi, individuati dai partecipanti come tra i più sensibili. Il lavoro, per il tempo a disposizione, naturalmente non è potuto essere esaustivo, ma ha portato alla sperimentazione di una interessante discussione collettiva mediata tra tutti tendendo al massimo consenso possibile.
Accordi che si possono dare per acquisiti sono i seguenti:
Impegno nella ricerca di una soluzione condivisa per consentire a tutti di poter partecipare alle riunioni: anche chi ha figli piccoli deve essere messo in condizione di partecipare alle riunioni (incontri tra adulti per adulti), momenti in cui è necessario che ciascuno si senta libero di prendersi il tempo, la tranquillità e la concentrazione per poter ascoltare, elaborare il proprio parere, capire e partecipare al processo decisionale. I bambini in situazioni come queste possono naturalmente annoiarsi, essere di disturbo, non consentire ai genitori di partecipare in modo tranquillo. Non si è elaborata una soluzione pratica, ma ci si è assunti collettivamente l’impegno di trovare la modalità più adeguata nel prossimo futuro.
Oltre la maggioranza: sul tema delle riunioni si è dibattuto ancora in merito al tipo di approccio da seguire nel prendere le decisioni. Da un lato l’applicazione della tradizionale logica della maggioranza (alzata di mano) appare un approccio che va un po’ stretto ad un progetto di cohousing come Porto 15, nel quale i partecipanti si propongono di mantenere uno spirito collaborativo anche nel prendere le decisioni. Il metodo del consenso resta un obiettivo, che necessita di maggiore pratica e studio e che i laboratori della fase di consolidamento (fase C del progetto) potranno sviluppare meglio attraverso momenti opportunamente dedicati alla formazione.
Affitto degli spazi comuni, ospitalità negli spazi comuni, ospitalità negli spazi privati: è il tema che ha impegnato gran parte del pomeriggio dei laboratori, evidenziando punti di partenza anche piuttosto diversi tra loro, ma che ha consentito di esercitare in modo non dichiarato un percorso di consenso molto interessante. L’uso degli spazi comuni per l’ospitalità e per l’uso da parte di esterni è stato declinato in più modi durante un confronto aperto che ha coinvolto tutta l’assemblea, marcando iniziali divergenze tra le varie visioni.
L’affitto degli spazi comuni ad associazioni, soggetti esterni o in generale al ricavo di proventi da attività nell’uso degli spazi comuni ha portato l’assemblea ad esprimersi sia con possibilismo su alcune interpretazioni, sia ad una chiusura pressoché totale, in particolar modo rispetto alla possibilità di affittare degli spazi per un uso esterno ricevendone un compenso. Lo spazio comune visto come spazio da affittare ad esterni, anche per periodi contingentati e calendarizzati, non ha trovato il pieno accordo di tutti. Allo stesso modo la possibilità che esterni utilizzino gli spazi comuni per attività di interesse comune ha incontrato il favore generale. La monetizzazione potrebbe quindi essere commisurata alle sole spese vive che gli abitanti dovrebbero comunque sostenere per l’organizzazione di eventi (luce, pulizie) escludendo un guadagno economico dall’uso degli spazi.
In questa direzione si è andati anche rispetto alla proposta dello spazio coworking, da molti ritenuto, da un lato, un vincolo piuttosto impegnativo per il singolo spazio comune, di fatto dedicato ad una funzione poco conciliabile con le altre possibili, dall’altro, visto come un’attività lucrativa se rivolta ad esterni e pertanto non affine alle aspettative comuni.
La scelta di una apertura all’esterno degli spazi comuni, che comunque sembra incontrare il favore dei partecipanti, porta a riflettere sul tema piuttosto complesso ed interessante della forma o struttura che gli abitanti si vorranno dare per gestire le attività organizzate, il dialogo con l’esterno, la gestione economica degli eventi, ecc. La costruzione di un contenitore formale (associazione degli abitanti, di che tipo, con quali altre finalità…) nel quale convergere sembra essere un argomento di approfondimento piuttosto importante, uno dei compiti a casa che i partecipanti sono invitati a svolgere in queste settimane.
L’ospitalità negli spazi comuni, in forma gratuita o di scambio, nel caso di attività o eventi che comportino la presenza di partecipanti esterni, sembra rispecchiare un approccio condiviso dai partecipanti. Anche qui, il mero guadagno sullo spazio comune, con forme di ospitalità del tipo airbnb, pare concentrare in sé una serie di criticità che vanno al di là di quelle di natura formale e legale (il sub-affitto di alloggi tra l’altro di proprietà pubblica…). Sottrarre, in modo più o meno costante, l’uso di alcuni spazi comuni alla comunità, destinandoli continuativamente ad una attività mirata all’autofinanziamento non pare essere una scelta largamente condivisa. L’ospitalità negli spazi comuni sembra essere concepita quindi più come un evento straordinario, che non possa essere applicata a parenti o amici in visita a Bologna, seppure calendarizzata, perchè rischierebbe, su 18 nuclei di abitanti, di tenere occupato in modo continuativo gli spazi.
L’ospitalità negli spazi privati è vista in generale come una prassi da seguire con discrezione e responsabilità. Vivendo in un cohousing, con la disponibilità di spazi comuni da utilizzare e gestire insieme, gli ospiti sono vissuti come una risorsa che però deve essere gestita con attenzione, introducendo gli stessi alle prassi di comportamento concordate tra gli abitanti. L’attenzione al vicino sembra essere un punto caratterizzante di questa parte di ragionamento, che di fatto escluderebbe, come detto in precedenza, l’ospitalità a pagamento, ricorrente e variegata come quella del tipo airbnb.